“I difensori delle parti civili nell’evidenziare che la presenza della stampa e delle televisioni costituiva una garanzia di fedeltà di quanto accaduto nel processo … “
“I difensori hanno accusato la spettacolarizzazione del processo portato con evidenti storture in molti talk show dove opinionisti e soggetti che a vario titolo sarebbero potuti essere sentiti nel processo avevano formulato ipotesi e dichiarato circostanze che risultavano estranee agli atti processuali. Di fatto ne è nata una sorta di competizione tra due fazioni molto animate; coloro che parteggiano per i Guelfi e coloro che parteggiano per i Ghibellini. ”
I due nomi utilizzati sono ovviamente di fantasia, ma il lettore avrà probabilmente compreso a quale recente noto episodio di cronaca giudiziaria viene fatto riferimento.
Le parole sono le stesse utilizzate dai giudici di una famosa Corte di Assise di Appello, nella loro sentenza nella quale, prima di valutare la vicenda posta alla loro attenzione, hanno sentito il dovere di richiamare l’attenzione sul ruolo che ha la stampa nel nostro ordinamento. Indirettamente hanno fatto riferimento anche a ciò che notoriamente oggi accade nell’opinione pubblica, che attinge notizie e informazioni (purtroppo) non sempre e non solo sugli organi di stampa tradizionali, quelli che sono tenuti a doveri deontologici e professionali, ma anche a nuove fonti non sempre attendibili né tantomeno obiettive: talk show e social.
Ecco quindi che si corre il rischio non solo della spettacolarizzazione dei processi, ma anche quello di dare origine a conseguenze estreme che, proprio in questa vicenda, ma non solo, hanno visto gli avvocati difensori degli imputati vittime non solo di minacce ma anche di aggressioni fisiche.
E magari dando credito a chi non è del mestiere, ma si improvvisa un professionista dell’informazione.
In tutto ciò, i doveri dei giornalisti meritano una particolare attenzione: perché un conto è il giornalismo vero (o almeno veritiero), etico e deontologicamente corretto, ed un conto è un’informazione troppo spettacolarizzata, che non è giornalismo e che è ben lontana dalla deontologia.
Ed è il vero giornalismo che noi tutti, in primis come cittadini, dovremmo e vogliamo difendere.
Lo ha ricordato sempre la stessa Corte di Appello nella stessa sentenza quando, dopo aver ribadito che il diritto di cronaca, parte integrante di quello all’informazione, non può essere negato ai giornalisti, anche se questi hanno il dovere di porlo in essere nel rispetto dei diritti degli imputati a non essere ripresi, a che le conversazioni tra imputati e avvocati non vengano registrate e, si aggiunge, a quello di rispettare il precetto costituzionale del principio di non colpevolezza fino al passaggio in giudicato di una sentenza.
Assistiamo purtroppo spesso a forme di giustizia che non rimangono all’interno delle aule di tribunale ma che vengono oggi spostate in poco edificanti salotti televisivi dove personaggi di ogni genere, caratterizzati da scarne competenze specifiche ma da un grande appeal su un pubblico allo stesso modo non dotato di conoscenze sull’argomento, si lanciano in vere e proprie arringhe pro o contro una delle parti in causa.
Non tutti sono professionisti dell’informazione e non tutti, ovviamente, conoscono le carte deontologiche.
La figura dell’opinionista televisivo, personaggio di cui è difficile comprendere la natura e l’utilità, sembra essere una nuova categoria professionale onnipresente e che fa echeggiare la sua voce sui social e che è però ben distante da quella del giornalista.
Purtroppo queste voci, amplificate all’eccesso, possono portare a vere e proprie storture nei dibattimenti.
È importante in questo senso il richiamo operato dalla citata Corte di Assise di Appello, che dovrebbe costituire un monito per tutti.
Il rischio peggiore, infatti, non è solo quello di una vera e propria disinformazione, ma la creazione di momenti di vera e propria diseducazione del pubblico, che giunge a credere che l’immagine della Giustizia sia quella delle serie TV americane e di programmi popolari altamente fuorvianti.
Ma i veri giornalisti – non solo quelli di cronaca giudiziaria – ben sanno come si fa informazione e a quali principi deontologici ed etici devono conformarsi per portare avanti la propria missione sociale e professionale.
Avv. Gianni Dell’Aiuto
L’Avvocato Gianni dell’Aiuto, classe 1965, è avvocato cassazionista dal 2009, ed è stato Vice Procuratore Onoario presso la Procura della Repubblica di Roma fino al 1997. Esperto in internazionalizzazione d’impresa, Privacy, GPDR e protezione dei dati personali, collabora con studi legali di Panama, Taiwan, Svizzera, Romania, Francia, Croazia, ed è il consulente legale dell’Ufficio di Rappresentanza di Taipei in Italia e dell’Ambasciata della Repubblica di Taiwan presso la Santa Sede. Più volte commissario all’esame di ammissione all’albo avvocati, è membro del comitato scientifico dell’Accademia Italiana Privacy. Docente in corsi di formazione professionale e master post laurea in materie giuridiche, Ha scritto su varie riviste tra cui per In-giustizia dal 2012 al 2016.
Nell’ambito dell’intensa attività di pubblicazione, cura la rubrica legale in materia di privacy su www.accademiaitalianaprivacy.it e scrive articoli non solo giuridici, per pubblicazioni on line, tra le quali www.futuro-europa.it, www.lecodelsud.it, www.europeanaffairs.it.
È autore di due romanzi: Cronache da ultima pagina. Guida Editore 2009 –Premio Ripdico Scrittori per la Giustizia 2009 e È successo a te. Edizioni Efesto 2017.
Ha pubblicato nel 2020 Homo Googlis, un piccolo saggio in cui individua e definisce il protagonista della rivoluzione digitale che ha appunto definito Homo Googlis.
Infine, ha diretto ed organizzato diversi convegni di approfondimento giuridico.
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